domenica 15 gennaio 2017

Venerdì mattina

Il venerdì é sempre il venerdì.
La settimana si avvia alla conclusione, la maggior parte dei lavori sono finiti, abbiamo portato a termine quasi tutti gli impegni.
E poi é il giorno delle brioche, della colazione consumata insieme, del nostro piccolo privatissimo rito con cui suggelliamo il patto reciproco di collaborazione e assistenza. Per noi é un momento importante: é un gioco, una pausa, una festa, una trasgressione che ha il sapore della forza con cui siamo una squadra. 
Non sono brioche qualunque: la pasticceria é stata selezionata molto accuratamente, per mesi abbiamo testato tutte quelle esistenti nel raggio di almeno quindici  chilometri dalla farmacia, confrontato i vari tipi di sfoglia, la consistenza delle creme, la ricchezza dell'offerta in rapporto alla qualità, l'efficienza del servizio. Siamo anche molto esigenti: abbiamo discusso per settimane se é più gradevole una crema con aroma di mandorle o una con sentore di scorza di limone, quella al pistacchio sarebbe buonissima, ma é un po' liquida, non va bene. Non parliamo poi della delicatezza della pasta sfoglia rispetto alla fragrante consistenza della pasta frolla: qui si é acceso un dibattito al limite della questione di stato. Una é più friabile, ma l'altra é più croccante; una più saporita, ma l'altra esalta meglio il sapore del ripieno. Pochi argomenti coinvolgono tutti come quello del cibo e dell'arte culinalinaria: a chiacchiere siamo tutti chef o maestri pasticceri, tutti indistintamente sovranamente esperti di cucina e critici gastronomici. Ognuno ha un'opinione ben definita, un'idea precisa di come dev'essere il piatto perfetto, che cosa ci vuole o non ci vuole per l'eccellenza, gli apporti familiari o i diktat della tradizione: qui si scontrano le regioni, nord contro sud; le nazioni, Italia e Romania; interi continenti, Europa vs America. L'unica, vera, integrazione possibile avviene in cucina: se raggiungi un accordo sulla misura delle zucchine o sulla forma di una pasta ripiena il più é fatto. Tutti gli altri sono solo piccoli ostacoli facilmente superabili.
Ricordo le discussioni infinite fra mio padre e mia madre davanti ai fornelli: mio padre, dottissimo teorico, massimo esperto di cibo e di arte culinaria, sapeva di tutto e di più su qualunque alimento e su qualunque ricetta, impartiva istruzioni, spiegava, dettava le regole. Mia madre, cuoca eccelsa, la vera artista di casa, faceva quello che voleva, senza curarsi minimamente di null'altro che non fosse ciò che gli ispirava l'alimento in sé. "È inutile che mi dici che cosa vuoi che faccia: non sono io che posso decidere, in ogni pezzo di carne é già insito  il suo giusto destino. Hai presente Michelangelo con i blocchi di marmo: per un cuoco é la stessa cosa". Mio padre, che il temperamento artistico non sapeva neppure dove stesse di casa, si inalberava e, metà offeso e metà deluso, iniziava a contestare per principio tutto quello che faceva mia madre fino a zittirsi beato quando assaggiava il risultato di tanto lavoro.
Addento la mia brioche con sommo piacere, un po' di zucchero a velo sul naso e uno sbaffo di crema su una guancia: mi chiamano, mi giro e a sorpresa mi fanno una foto. Tutte soddisfatte mi fanno vedere l'immagine rubata nella quale, come al solito, faccio una pessima figura: sembro un'invasata, infantile, scomposta, sciroccata megera che non mangia da mesi. La scarsissima fotogenia e la modestia dell'apparecchio fotografico non aiutano. Pazienza.
Ridiamo tutte, divertite, ed é proprio bello riuscire a ritagliarsi dei momenti così, la giornata diventa più lieve e le difficoltà sembrano quasi sparire.
"Qui si fa sempre festa: ma a lavorare ci pensate mai? Già, é vero, é venerdì: va bene, oggi é concesso, erano buone le brioche?"
Buonissime, veramente speciali

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