domenica 7 luglio 2019

Il teorema delle parallele

Bartolomeo e il Nano

- Nano! Nano! Naanooo!
- Ehi, che c’è? Cosa vuoi? Perché urli?
- Nano, Nano, posso farti una domanda?
- No che non puoi. Lasciami in pace
- Nano, Nano, dai, una domanda sola. Piccola piccola
- Lasciami stare che fa caldo. Non rispondo a nessuna domanda. Vai da Dimitri
- Nano, dai, parla con me. Dimitri non vuole parlare con me e mi caccia sempre via. Dai, una domanda sola, piccola, dai, Nano, ascoltami...
- Ma quanto rompi! Lo sai che sei una rottura di scatole stratosferica? Avanti, parla, fai in fretta e poi sparisci
- Grazie, grazie, grazie, Nano. Nano, che cos’è un "cane"?
- Cane, cane, hai detto cane? Guai a te se ti avvicini ad un cane! Ma sei matto? Ma come ti vengono in mente certe cose? Sei impazzito? Adesso vai subito in casa e non ti muovi di lì per nessun motivo al mondo! Cane? Tu sei fuori di testa! Cane, hai detto? Hai idea di che cos’è un cane? Guai a te se ti sento ancora dire certe cose!
- No, io non so che cos’è un cane. È per questo che te lo chiedo. Invece di fare tante scene perché non mi spieghi tutto per bene? Così ne so esattamente quanto prima
- Non c’è niente da spiegare. A te non deve passare neppure per la testa di avvicinarti ad un cane. Punto. Non c’è altro da sapere.
- Perché? Io voglio sapere. Spiegami: cos’ha di così tremendo un cane? Come faccio a capire se uno è un cane se non so che cos’è un cane? Come faccio ad evitarlo? Dai, Nano, spiegati meglio
- Un cane è un cane. Cos’altro vuoi che sia? È un coso  con quattro zampe e una coda, brutto sporco e cattivo e mangia i pischelli sventati e curiosi come te
- Quattro zampe e una coda? Ma anche noi abbiamo quattro zampe e una coda (Dimitri, a dire il vero, ne ha solo mezza, però, insomma, la coda c’è, non tutta, ma c’è). E allora? Anche la mamma ha quattro zampe; è vero, non ha la coda, però è la mamma e per le  mamme, evidentemente, la coda non è importante. O sì? È la coda il problema? Se non hai la coda sei buono e se ce l’hai sei cattivo? Io e te (e Dimitri per metà) abbiamo la coda; anche Serafina ha la coda: noi siamo cattivi? Beh, un po’ sporchini magari  sì (la mamma continua a dirlo, per cui, forse è vero), però non siamo brutti: a me, Nano, tu sembri bellissimo. Anche Serafina, anche se è una femmina, non è male, un po’ smorfiosa, ma non è male...
- Cosa c’entra la coda, adesso? Lo sanno tutti che le mamme non hanno la coda, e allora? Le mamme sono fatte così, sono speciali, non lo sapevi? E poi a che cosa servirebbe loro la coda? Mica serve per darti da mangiare o farti i grattini. No, alle mamme la coda non serve proprio. È evidente
- Ma, allora, noi che abbiamo la coda siamo cattivi? Come fa la coda a farci diventare cattivi? E Dimitri che ha perso mezza coda è mezzo cattivo e mezzo buono? La cattiveria sta all’inizio o alla fine della coda? Perché, sai, Dimitri ha perso la fine della coda e se la cattiveria sta tutta all’inizio ce l’ha ancora tutta...
- Ma cosa stai farneticando? Cosa c’entra la cattiveria con la coda? Dimitri è buonissimo, è talmente buono che si lascia turlupinare da tutti, altro che coda e coda
- Guarda che l’hai detto tu. Hai detto che i cani sono così con quattro zampe e  una coda e sono brutti e cattivi. Ah, forse ho capito! Sono brutti! Quindi sono cattivi! Noi siamo belli e perciò siamo buoni! Ah, mi pareva: io non mi sentivo cattivo. È perché sono bello! Lo dice sempre la mamma che sono bellissimo! Quindi se sono bellissimo, sono buonissimo!
- Ma a te  chi ti ha detto che sei bellissimo? La mamma? Ma la mamma non conta per queste cose.
- Tu, poi, sei il suo cocco, figurati! Non è che ti sei montato un po’ la testa? Mah, piccoletto e tutto grigio come sei, a me non sembri proprio bellissimo...sembri più una pantegana che un gatto
- Io non sembro una pantegana. Non so neanche cos’è una pantegana: come faccio a sembrare una cosa che non so neppure cos’è? Ma io che cosa sono?
                                                     

domenica 23 giugno 2019

Il teorema delle parallele

Bartolomeo e Tobia

- Ciao, Bartolomeo, finalmente! Sono ore che ti aspetto: dov’eri finito?  Siamo ancora amici, vero?
- Ho fatto tardi perché la mia mamma mi ha fatto il terzo grado. Dove vai, dove non vai, quando torni,  chi frequenti...Dai, le solite cose di tutte le mamme. La mia, poi, è così apprensiva! Non riesce a capire che adesso sono grande e sono capace di badare a me stesso. In genere è abbastanza simpatica, ma quando rompe, rompe proprio
- Beh, non rompono tutte le mamme? Non ti preoccupare che sono tutte uguali e tutte con le stesse fisse: non ti allontanare, non ti cacciare nei guai, stammi vicino...neanche fossimo ancora dei poppanti imbranati. Eppure ci deve essere un modo per farci lasciare un po’ in pace, mica possiamo continuare sempre così, vero?
- Lasciamo perdere che tanto non caviamo un ragno dal buco. E poi perché non sei venuto tu a cercarmi? Ho anch’io un bel giardino, grande, pieno di nascondigli deliziosi dove possiamo giocare  tranquilli e al fresco. Se vuoi, la mia mamma può dare una merenda anche a te, così magari ti conosce, si mette tranquilla e si mette a tormentarmi un po’ meno. Mi sembra che tu dovresti andarle bene, l’aria tutta per benino ce l’hai, biascichi un po’ le parole e si fa un po’ fatica a capire che cosa dici, ma dopo i primi momenti ci si fa l’abitudine e ci si intende lo stesso. Hai anche un odore un pochino strano e sei anche un po’ sporchino, ma non mi sembra niente di grave. Speriamo che non ci faccia caso più di tanto. Sì, dai, secondo me sei presentabile: vieni a casa mia, così la facciamo contenta.
- Oh, ma cosa dici? Sporchino a me? Odore strano? Biascico le parole? Ma come ti permetti! Ma chi credi di essere? Io nel mio genere sono un gran figo, me lo dicono tutti. Non hai idea delle carezze e dei complimenti che ricevo ogni giorno! Tobia di qua, Tobia di là, e giù carezze e grattini. Scommetto che tu ne ricevi meno di un decimo di me, che dico, meno di un centesimo, forse meno di un millesimo
- Su, dai, non litighiamo. Mica ho detto che non vai bene in assoluto. Ho detto solo che, tutto sommato, dovresti andare bene. Lo sai anche tu quanto sono esigenti le mamme! Stanno lì, a guardare il pelo nell’uovo. Poi, sulla pulizia, sono delle tali fanatiche! Se fosse per loro dovremmo sprecare tutto il nostro tempo a lavarci e a profumarci, anche tutti i giorni, pensa! E chi ce l’ha tutto questo tempo?
- Su questo hai ragione, purtroppo. Non me ne parlare! La mia mi costringe anche a fare il bagno! Un vero tormento
- Dai, andata. Vieni con me anche subito e ci togliamo questo pensiero
- Ma, ma...io non posso. Come faccio ad uscire di qui?
- E che ci vuole? Basta che salti come faccio io e sei subito fuori. Guarda, fai un salto su quella pianta, poi un balzo di qua, un altro salto più a destra e ecco fatto!
- Io non sono capace di saltare come fai tu, come te lo devo dire? Io non salto!
- Come non salti? Ma se continui a saltellare come un dannato! Spiccane uno un po’ più grande e il gioco è fatto. Non capisco perché fai tutte queste storie: non avrai mica paura, vero?
- No, no, che c’entra la paura! Io non ho paura di nessuno. È che non lo posso proprio fare. Beh, sì, insomma, io posso fare tanti piccoli balzi e saltelli, ma non posso proprio fare come fai tu e arrampicarmi ovunque. Non posso proprio, ti giuro che non posso.
- Come sarebbe a dire che non puoi? Cosa significa esattamente? Ti fa male una zampa? La coda mi sembra che la muovi bene...Perfino Dimitri, lento e pigro com’è, se vuole riesce a fare un salto del genere. E se lo può fare lui, stai tranquillo che lo possono fare tutti
- Io proprio no, come telo devo dire? Io non posso, non sono capace, non mi riesce proprio
- Bah, questa cosa è proprio strana. Siamo più o meno della stessa misura, io ce la faccio e tu no? Non mi sembra possibile. Dai, almeno provaci: ti aiuto io se sei in difficoltà
- No, è inutile che insisti o che tenti di aiutarmi. Io non posso, non so come spiegartelo, non è nella mia natura
- Natura? Cosa c’entra la natura? Di cosa stai parlando? Dai, smettila di fare tante storie e almeno provaci
- Non ti ha detto niente nessuno? Possibile? Io sono un cane e tu un gatto: non siamo uguali noi due
- Questa poi...Che cosa sei tu? Un cane? Cos’è un cane? E io sarei un gatto? Che cosa significa? A me sembra che siamo quasi uguali. Perché non possiamo fare le stesse cose?

domenica 16 giugno 2019

Il teorema delle parallele

Bartolomeo e la mamma

- Dove stai andando, giovanotto?
- Fuori
- Fuori dove? Con chi? Quando torni?
- Uffa, mamma, sono grande, adesso, e voglio poter uscire ed andare in giro liberamente. Fa caldo, è estate, le serate sono favolose e io voglio star fuori. Hai visto che meraviglia? C’e un mondo fantastico là fuori e io voglio esplorarlo tutto
- Il problema non è stare all’aperto, lo capisco anch’io che uscire è bellissimo. Il problema è a che ora torni e con chi sei
- Tornerò quando sarò stanco e starò in compagnia dei miei amici
- Cosa vuol dire quando sarai stanco? A che ora, esattamente? E chi sono questi amici? Li conosco? Perché qualche volta non li inviti qui a casa per una merenda?
- Ecco, lo sapevo, tu mi vuoi controllare. Tu non ti fidi di me
- Sì che mi fido, vorrei solo conoscere anche i tuoi amici. E di Serafina che mi dici? Perché viene a cercarti fin sulla porta di casa, ma non la fai mai entrare? Mi piacerebbe davvero conoscerla, è così carina...
- Sarà anche carina, ma è una ragazzetta ed è una gran rompiscatole. E poi mi sta sempre appiccicata e non mi lascia mai stare solo con i miei amici
- Chi sono questi fantomatici amici? Ehi, fermati, dimmi qualcosa di più su di loro. Torna qua...parliamone. Ehi, Nano, tu ne sai qualcosa di più di questi nuovi amici di Bartolomeo?
- Amici? Amici di Bartolomeo? Bah, io non ne so niente. Guarda che Bartolomeo racconta un mucchio di storie inventate: l’ho sentito io vantarsi con la sua amica Serafina di aver fatto un sacco di prodezze strane quando la verità è tutta un’altra: inseguendo insettini e farfalle si è perso nell’erba alta del campo dietro casa nostra, altro che lotta all’ultimo sangue nella giungla! Piccolo e grigio com’è, non era più capace di orientarsi e, vuoi per il caldo, vuoi per la paura, non riusciva più a ritrovare la strada di casa. Alla fine, quando è ritornato sano e salvo, a quel punto si è sentito un eroe senza macchia e senza paura e si è inventato tutta una favola per farsi bello agli occhi della sua amica! E quella sciocchina gli ha creduto, è questo il bello! Due babalucchi, non ci sono altri termini per descriverli. O, piuttosto, Dio li fa e poi li accoppia
- Dai, Nano, non essere acido: è normale infiocchettare una brutta avventura per apparire migliori di quanto non siamo. Speriamo solo che Bartolomeo abbia imparato la lezione e non si cacci in altri guai
- Guai? Che guai? Chi si è cacciato in un guaio?
- Nessuno, Dimitri, stai tranquillo. Con il Nano ci chiedevamo chi potrebbero essere i nuovi amici di Bartolomeo. Tu ne sai niente?
- Niente so e niente voglio sapere. Quel ragazzino si agita troppo per i miei gusti. E poi fa caldo: chi ha la forza di pensare agli amici con questo caldo. E di agitarsi, poi: no, non se ne parla proprio. Penso che schiaccerò un sonnellino all’ombra sotto la siepe
- Beh, ragazzi, fatemi un piacere, date sempre un’occhio a quel piccoletto e fatemi sapere cosa combina
- Dai, Nano, ci pensi tu, vero? Vai avanti che io ti raggiungo con calma. Con questo caldo dobbiamo economizzare le energie: tu corri e poi mi riferisci e poi io decido che cosa devi fare. Adesso vai che mi devo riposare: con tutto questo pensare mi sto proprio esaurendo



domenica 9 giugno 2019

Il teorema delle parallele

Bartolomeo e Serafina

- Bartolomeo...Bartolomeo...Bartolomeoooo...
- Siii, cosa c’è?
- Allora ci sei! Sei proprio tornato...
- No, sono ancora via. Quello che vedi è il mio ologramma
- Ologramma? Cos’è un ologramma? È una brutta malattia? Stai male?
- Male? Perché dovrei star male?
- Ma, non so, sei sparito per due giorni e la tua mamma dava i numeri: ha vagato tutto il tempo chiamandoti disperata sicura che ti avessero rapito, immaginando ogni possibile disgrazia. Adesso tu mi dici che hai l’ologramma: non ho mai sentito di  questa malattia, ma suona molto brutta. Come stai? Come ti senti?
- Lascia perdere. Sto benissimo e in quanto alla mia mamma, lo sai anche tu com’è ansiosa ed apprensiva. Non vuol capire che adesso sono grande e ho anch’io diritto alla mia libertà e ad andare dove voglio
- Perché non mi hai chiamata che venivo con te? Io ti vengo a chiamare ogni giorno per andare a giocare insieme, perché tu non lo fai? Allora non sei più mio amico...
- Perché tu sei una femminuccia e non puoi fare tutto quello che faccio io. Hai visto che bella pantera sono diventato? Mi hai visto bene? Io sì che adesso posso esplorare il mondo: sono una vera belva selvaggia e tutti, ma proprio tutto, mi rispettano e mi temono
- Che cosa stai insinuando? Che io non sia una belva selvaggia e spaventosa? Anch’io faccio paura, cosa credi? Non hai visto come le farfalle mi girano al largo? Come temono la mia zampata assassina?
- La tua che? Zampata assassina? Ma se sembri la vispa Teresa! Le ragazzine come te non sanno neppure come sia fatto, che ne so,  un vero grillo! Dai, dillo, tu hai mai visto un grillo da vicino? È una cicala in persona? Sono dei mostri terribili, cattivissimi, talmente pericolosi che ti basta guardarli negli occhi per rimanere fulminato!
- Oh, mamma! E tu hai visto dei mostri del genere? Da vicino vicino? Li hai anche toccati?
- Certo che li ho visti da vicino, sciocca! Abbiamo lottato come disperati, in mezzo ad una giungla veramente selvaggia ed inospitale. È stato veramente terribile: ad un certo punto ero solo, circondato da nemici agguerritissimi, con la giungla che mi voleva nascondere a tutti i costi,  in mezzo ad una vegetazione che mi avviluppava da tutte le parti...È stato tremendo, tremendo ti dico. Non ci sono altre parole per descriverlo
- Ma, dimmi, come ci sei arrivato nella giungla? È tanto lontana da qui? Come hai trovato la strada?
Io non saprei come fare. Tu come hai fatto?
- Certo che tu non sai come fare! Sei una femminuccia, te l’ho detto. Queste sono cose da uomini, non da ragazzine. Come ho fatto a trovare la giungla? Una mattina ho visto un insettino e mi sono messo ad inseguirlo: mi sembrava piccolo e sul momento volevo solo giocarci un po’. Invece mi ha trascinato in un paese misterioso dove sono stato subito circondato da mostri giganteschi che mi volevano distruggere. Allo io mi sono armato di tutto il mio coraggio e ho cominciato a sferrare colpi a destra e a manca, ho lottato con tutte le mie forze con dei corpo a corpo all’ultimo sangue. È stato veramente terribile, non hai idea quanto!, ma, alla fine sono riuscito a sconfiggerli tutti e a tornare a casa
- La tua mamma lo sa? Secondo me, le viene un colpo. Sapere che il suo piccolino ha corso tanti pericoli! Però sei stato veramente bravo, non ci sono dubbi. Non è mica da tutti affrontare da soli  un intero esercito di nemici e sconfiggerli tutti. La prossima volta mi porti? Dai, anch’io voglio venire con te
- Non se ne parla neppure, te l’ho detto. Non son cose da femmine
- Allora non sei più mio amico. Ecco

mercoledì 6 giugno 2018

La gatta che si credeva il dottor Kildare - fine

Pallo non c’è più.
Se n’è andata una mattina di giugno, sparendo fra i meandri più segreti del giardino, gli stessi da cui era comparsa cucciola quindici anni fa.
Mi continuo a ripetere che è successo in un periodo in cui non potrei essere più stanca e demoralizzata ed è per questo che sono così abbattuta. La verità è che non riesco a darmi pace.
Mi manca moltissimo.
Da quando non mi sveglia più al mattino, mi alzo sempre prima.
Dimitri ci prova a sostituirla, ma non è la stessa cosa.
Con lei se n’è andata per sempre l’infanzia dei miei figli, la preoccupazione costante di accudire qualcuno che ti ama incondizionatamente e che dipende solo da te, la silenziosa coscienza per il mio stile di vita spesso scombinato e caotico.
Guardandola attraversare lentamente il giardino ho giurato a me stessa che non avrei mai più avuto un gatto. Basta, non voglio più stare così male.
Poi, però, mi sono chiesta se sarei in grado di rinunciare al miracolo di un legame, di un affetto, solo perché sono destinata un giorno a perderlo. È un po’ come non voler più nascere per non dover poi  perdere i propri genitori.
Avrò ancora pelosi, ci discuterò e ci litigherò, nessuno sarà mai come Pallo, questo no, ma ci saranno altri gatti perché non sarò mai capace di privarmi dell’infinito privilegio di averli nella mia vita.
Questa serie di racconti finisce qui, perché non sono capace di scriverli da sola, senza il mio ghost writer mi mancano le idee e le parole, cancello e ricancello, mi sembra di sapere più esprimere niente.
Eppure il desiderio di scrivere è ancora forte: da tempo penso a qualcosa di nuovo e forse adesso è arrivato il momento di provarci sul serio. Con le spalle coperte dal mio nume tutelare e dalla sua infinita saggezza, mi baloccavo fra idee diverse sicura che comunque avrei avuto lei a sorreggermi e a guidarmi.
Adesso sono sola e la cosa mi terrorizza. Ce la farò?
Non ne ho proprio idea, ma ci devo almeno provare, altrimenti a cosa sarebbero serviti questi anni insieme
                                                             



domenica 25 marzo 2018

La gatta che si credeva il dottor Kildare - 16

In casa ho i miei posti preferiti dove lavorare. Ne ho due in particolare, il tavolo della cucina e il lato destro del divano, sono solo miei, in famiglia lo sanno tutti e in genere li rispettano.
Tutti tranne Pallo, naturalmente. Lei è del tutto impermeabile al concetto di proprietà e in particolare secondo lei, ciò che è mio è suo per definizione. Adesso, per esempio, sta dormendo beata nella mia metà del divano e con la solita modestia che la contraddistingue occupa tutto lo spazio disponibile. È incredibile quanto possa diventare ingombrante un gatto quando decide di impegnarsi.
- Per piacere, ti puoi spostare. Questo è il mio posto
- Non lo vedi che mi sto riposando? Sono stanca, sai? Se proprio vuoi stare qui, mettiti pure dall’altra parte, tanto è uguale
- No, non è uguale. Il mio posto è questo e lo voglio
- Quanto sei fiscale. Che differenza fa? Mettiti pure lì e lasciami tranquilla: te l’ho detto, sono stanca e vorrei riposare tranquilla. Se proprio vuoi stare qui, non ti agitare troppo e non fare troppa confusione e non accendere la televisione perché in questo momento mi da fastidio.
- Voglio il mio posto. Subito. È mio e lo voglio
- Mio, tuo, che cosa significa? Tu eri in giro e io mi sono sistemata comoda. Non capisco perché fai tante storie. Il divano è grande, guarda che ci stai anche tu, basta solo che non mi disturbi
- Un accidenti! Io sto sempre da questo lato e qui voglio stare. È la mia parte, è il mio posto, vacci tu dall’altra parte. Te ne stai approfittando perché sono andata a fare la spesa, ma adesso sono a casa e voglio subito il mio posto
- Uffa, come sei noiosa. A proposito, hai comprato i croccantini per i pelosi di tuo marito? Ultimamente Filtri si fa vedere sempre più spesso nella mia cucina in cerca di un po’ di cibo: devi fare assolutamente qualcosa per evitare che ce la ritroviamo così spesso tra i piedi.  Come si permette? Questa è la mia casa e la mia cucina e non ci voglio incontrare certe sciroccate antipatiche.
- Ma come? La mia cucina, la mia casa? Adesso sei tu che ne fai una questione di proprietà? Certo che cambi  molto velocemente idea quando ti fa comodo
- Io? Scherzi,vero? Vuoi mettere la mia cucina e la mia casa con il tuo posto sul divano? Hai il senso delle proporzioni e delle priorità? La cucina è il cuore della casa, la stanza più importante, niente a che vedere con un posto qualunque su uno stupido divano. Secondo me, capisci veramente poco: come puoi pensare anche per un solo secondo di mettere sullo stesso piano la mia cucina con il tuo posto sul divano. Il divano è grande: se proprio ti ci devi sedere, ne hai di posto! Pensa te, se devi fare tutte queste tragedie per il posto in cui ti devi sedere! E mentre fai tutte queste storie inutili, sei disposta ad abbandonare la mia cucina all’invasione della prima gatta morta che passa per strada
- Posso riavere almeno il mio cuscino preferito?
- Vuoi altro? Anche il cuscino, adesso. Avanti, prenditelo e vedi di lasciarmi un po’ in pace. Anche il cuscino! Questi umani sono proprio ossessionati dal concetto di proprietà! È mio, è mio, non sanno proprio dire altro. Quanto sono noiosi!
                                                                 

domenica 18 marzo 2018

La gatta che si credeva il dottor Kildare - 15

Da quando abbiamo litigato Pallo mi parla solo muso contro muso, con il naso a non più di quindici centimetri dal mio. Oltre a pesarmi sullo stomaco, comincio a trovare piuttosto inquietante questo suo modo di starmi incollata neppure fossi diventata cieca, sorda e anche un po’ stupida.
- Vuoi smetterla di starmi così appiccicata? Non mi fai neppure respirare
- Quando ti parlo mi piacerebbe essere almeno ascoltata. Fai sempre cento cose insieme e non mi presti praticamente attenzione. È inutile che mi ripeti che mi stai ascoltando, tanto non ti credo. Se non ti obbligo in qualche modo, neppure mi senti. Sei sempre stanca, distratta, indaffarata: un giorno o l’altro trovo il sistema di manometterti il computer. Non è possibile che appena sei a casa hai quel coso malefico tra le mani e non ti occupi d’altro. Non ne posso più, e non sono la sola; ce l’hai ancora una vita privata? Te lo chiedi qualche volta?
Brutta domanda, non ci voglio proprio pensare. In più, che me lo chieda una gatta è proprio il colmo. Il gatto non era quell’animale indipendente, orgoglioso, libero? Una volta si diceva che il gatto si lega alla casa e non agli umani: proprio a me doveva capitare l’unica gatta legatissima alle persone e a me in particolare?
No, aspetta, il fatto che Pallo sia legatissima a me in realtà mi fa un grandissimo piacere. Non glielo confesserei mai, e neppure deve mai immaginarlo, ma senza di lei sarei persa. Però è anche una rompiscatole stratosferica, è la mia coscienza ed è per questo che certe volte non la sopporto proprio.
- Stai sentendo quello che dico? Guardami:  mi rispondi? Cosa ne è della tua vita privata? Nell’ultimo mese quanto tempo hai dedicato a tutti noi? E a te stessa? Ti prego, fermati e rifletti. Dimmi: qual è stata l’ultima volta in cui hai fatto qualcosa solo perché ti faceva piacere senza sentirti in colpa per aver trascurato qualcos’altro? Forza, dimmelo guardandomi negli occhi
- Faccio solo quello in cui credo e non mi ci ha obbligato nessuno. È vero, ogni tanto mi assumo più impegni di quanto non riesca a gestire con tranquillità; in altri momenti sono così stanca da sentirmi incapace di andare avanti; ci sono anche momenti in cui mi deprimo perché mi sembra di correre, correre, ma di non arrivare a niente. È la vita, cosa ci vuoi fare? Però cerco di non trascurare nessuno, di essere sempre presente per chi ne ha bisogno, di non tralasciare nulla di importante. Perlomeno ci provo, magari non sempre ci riesco, ma ci continuo a provare e mi impegno
- Eccola che ricomincia! Certo che sei proprio un bel tipo: fuori di testa, in perenne movimento, sempre in affanno, e contemporaneamente piena di sensi di colpa per tutto quello che non riesci a fare. Sei fuori di testa, non ci sono altre spiegazioni. A mali estremi, estremi rimedi. Qui serve il Nano. Hai presente il nostro Nano? Scombinato, brontolone, pettegolo: secondo me è l’unico che ti può spiegare come si fa a stare al stare al mondo. Se non ti fidi di me, guarda lui: ti sembra uno che si agiti tanto? Eppure si occupa di tutti, coccola e spupazza tutti, fra una chiacchiera e una protesta ha un momento per tutti. Si prende anche un sacco di tempo per sé, quando decide di andarsene per i fatti suoi nessuno lo può fermare. Ecco, tu dovresti proprio prendere esempio da lui e imparare a non affrontare ogni cosa come se ne andasse della tua vita
- Questa poi, adesso dovrei prendere esempio da un gatto! Ho una gatta che non solo mi fa la predica tre volte al giorno, ma mi spinge anche a prendere lezioni da una sottospecie di peloso smidollato e chiacchierone
- Punto primo: il Nano lo posso criticare solo io che sono sua pari, anzi il suo capo branco. Chi sei tu per pretendere di capire un felino? Tu sei solo un’umana e capisci decisamente poco delle nostre cose. Punto secondo: che cosa c’è di male a prendere lezioni da un gatto? Chiunque faccia una cosa giusta, costituisce un buon esempio da seguire, indipendentemente da chi è. Da quando in qua sei diventata anche di mentalità ristretta?
- La vuoi smettere? Io non ho una mentalità ristretta, o almeno non credo, ma avere come modello un gatto non mi sembra proprio il massimo.
- Certo, per te esistono solo gli umani geniali e importanti, ma secondo me puoi imparare molto più da un gatto, se non altro perché è molto di più alla tua altezza. E bada che non è da tutti essere all’altezza di un gatto. Anzi, ti ho fatto proprio un gran complimento e dovresti ringraziarmi
- Grazie, onoratissima. Non lo sapevo, ma evidentemente  la mia massima aspirazione era essere considerata da dei pelosi una di loro. Così va il mondo: una fa di tutto per cercare di apparire seria e credibile come persona e alla fine ottiene di farsi accettare da una banda di gatti. Beh, mi poteva andare peggio