domenica 26 febbraio 2017

Una gatta e la sua farmacista - 1

Ebbene sì, sono diventata famosa.
La mia umana qualche sera fa è tornata a casa e mi ha raccontato che un suo cliente è entrato in farmacia e, prima ancora di esporle il suo problema, le ha chiesto come stavo io. Ci pensate? È vero, modestia a parte, sono una gatta veramente speciale! Tutta tigrata e con un pelo morbido morbido, forse appena un po' in carne, simpatica e carismatica, volete altro?
Allora, vi dicevo, una sera il mio capo (la chiamo così perché è la mia umana di riferimento, e poi, paturnie a parte, è lei quella di cui mi fido di più) é tornata a casa, mi ha fatto un grattino sulla testa e mi ha detto questa cosa qui, che stavo diventando famosa, insomma; poi, sempre cercando di rabbonirmi, mi ha comunicato che se ne va via per tre giorni, per lavoro ha specificato, come se questo la giustificasse e la assolvesse. Ma, dico io, devi proprio stare via per tre giorni? Non puoi fare come tutti? Prendi la macchina e parti, fai le tue cose e poi torni subito a casa che qui abbiamo bisogno di te: non ci puoi abbandonare sempre così, ti rendi conto che con la scusa del lavoro non ci sei mai?
E per quale lavoro, poi! Fai la farmacista, mica chissà che.
Ieri ho conosciuto Nerone, che é amico del fratello di un amico del gatto di un altro farmacista e mi ha confermato un sospetto che avevo già: sei tu che sei tutta strana, capo, che vuoi salvare il mondo a tutti i costi, sempre pronta a sposare le cause più peregrine e a combattere le guerre più strampalate. Lo so che ti senti a metà fra la Pasionaria e la Florence Nightingale dei farmacisti, ma ce n'è proprio bisogno? Non puoi stare buona e tranquilla a fare il tuo lavoretto con dignità? Vendi tante belle scatoline colorate, distribuisci in giro carinerie e buone parole, e torni da noi con tanti croccantini per tutti. Non può essere tanto difficile, non credi?
Poi ti succede come quella volta in treno in cui hai incontrato quella signora tanto carina a cui hai parlato entusiasta del tuo lavoro sull'aderenza terapeutica, di come vi prendete cura dei pazienti cronici sistemando tutti i loro farmaci, in modo che debbano solo aprire il contenitore e ingerirli,  e lei bella bella ti dice che anche i suoi genitori debbono assumere molte medicine ogni giorno, ma non sbagliano mai, anzi si arrangiano benissimo da soli. E quando tu (che, diciamocelo, quando vuoi sei una gran rompiscatole)  dopo averla fatta chiacchierare per un po', hai scoperto che il padre era appena stato ricoverato per l'ennesima volta a causa del diabete sempre scompensato e che la madre, che ha il morbo di Parkinson, non riesce a dividere le compresse come ha indicato il medico, hai fatto notare che é esattamente questo a cui serve un farmacista, a fare in modo che le persone non abbiano difficoltà a seguire le indicazioni del medico, lei ti ha guardato perplessa e ha commentato poco convinta che non hanno bisogno di nessun farmacista, che, se proprio proprio ce ne fosse bisogno, ci pensa lei, ci pensa, che tanto ormai é quasi meglio di un medico, e di sicuro meglio di un qualsiasi farmacista.
Sei tornata a casa avvilita e mi hai tormentato la vita chiedendomi mille volte in che cosa avete sbagliato per essere considerati così poco: cosa vuoi che ne sappia io, in fondo sono solo una gatta di periferia, non ho tutte le risposte che chiedi. Però un'opinione in merito ce l'avrei:  mi sembra che molte persone non si rendano  conto che le medicine non sono caramelle e che una in più o una in meno  possono fare la differenza fra stare bene o stare male. Lo so che a me questa cosa continui a ripeterla e mi fai una testa così  ogni santo giorno, ma agli altri lo dici? E i tuoi colleghi, e i medici, lo dicono sempre anche loro?
Te lo ricordi quel tizio che quella volta ti chiese un farmaco senza la necessaria ricetta del medico e al quale spiegasti che non potevi darglielo perché era pericoloso assumerlo a caso, te lo ricordi che cosa ti disse? "Non entrerò mai più in questa farmacia perché sembra che qui vendiate solo veleni". Te lo ricordi? Ecco, secondo me, non avete spiegato abbastanza alle persone che i farmaci presi male sono veleni e non danno i benefici sperati.
Adesso smettiamola con queste chiacchiere. Cosa credi, che non mi sia accorta che stai cercando di distrarmi dal pensiero che ci abbandoni per tre giorni? Non sono mica nata ieri, io. Cerca di tornare a casa in fretta che con tutto quello che c'è da fare non avresti proprio il tempo di andare in giro a fare chissà che cosa. Mentre tu ti fai tre giorni di vacanza noi dobbiamo lavorare, noi, non dimenticartelo

martedì 21 febbraio 2017

Grazie

Grazie a tutti voi.
Per gli auguri, numerosissimi, che ogni anno finiscono per commuovermi.
Per aver letto il mio blog, iniziato un po' per gioco e un po' per sfida, ma che mi ha dato l'occasione di entrare in contatto con tante persone e creare questi legami speciali che ci rendono la vita un po' più piacevole e più leggera.
Per esserci, semplicemente, perché dietro ogni like e ogni emoticon c'è qualcuno che ha voglia di regalarti un minuto della sua vita e questo é forse il regalo più bello di tutti.
La gatta Pallo mi ha pregato di trasmettervi anche le sue parole (scrivo dietro rigorosa dettatura): cari aMici, voglio dirvi anch'io qualcosa, perché non mi fido tanto di quello che vi dice la mia umana, dato che fatico a leggere tutte quelle lettere piccoline (cosa volete, ho anch'io la mia età, non sono più tanto una gattina di primo pelo).
Dunque, dicevo: voi umani avete questa mania di festeggiare il giorno in cui siete nati, ma l'essere nati  non é un merito, nasciamo per caso o per volere divino, ma sicuramente non per merito nostro. Neppure quello che siamo diventati é tutto merito nostro: nascere in una famiglia rispetto ad un'altra, in una parte del mondo o in un'altra, non é dipeso da noi e dal nostro impegno. Il caso, o la fortuna, o la sfortuna hanno deciso per noi.
E allora che cosa avrete mai da festeggiare, dico io.
L'unico merito che avete, se lo avete, é di aver coltivato e fatto fruttare i doni che avete sicuramente avuto dal Padre Eterno. Guardate me: da piccola sono stata abbandonata con due miei fratelli nel giardino di questa casa. Uno dei miei fratelli non ce l'ha fatta e l'altro ha scelto la libertà e appena ha potuto é andato in cerca di fortuna. Io ho capito subito che questa era la mia casa: tanto ho fatto, appostandomi fuori da una finestra, occhi languidi e tutto il resto, che, alla fine, sono riuscita si ad entrare, e da allora non ne sono più uscita. Certo é che non me ne sto con le mani in mano ed ogni tanto sono veramente piena di lavoro, ma, cosa volete, la mia vita, in fondo in fondo, non é malaccio: la mia umana di riferimento é una gran squinternata, ma, tutto sommato, non é poi così male.
È vero che se fosse per lei avremmo sempre la casa invasa da tutti i pelosi e gli umani possibili, e non vi dico che fatica a mantenere un certo ordine e una certa disciplina! Alla sera fa spesso tardi e mi tocca anche andare a prenderla al lavoro e ricordarle che é ora di smetterla, che a casa c'è gente che ha fame, é stanca e ha voglia di mettersi comoda sul divano: e basta con quel computer, mettilo giù che poi la tua oculista ti fa la predica e minaccia di chiuderti a chiave in una stanza buia, così poi mi devo occupare io proprio di tutto e tu sei nervosa e non mi fai i grattini giusti dietro le orecchie.
Beh, insomma, avete capito, mi é andata bene, ma ci ho messo del mio e questo sí che é un merito, come é un merito mio se me la tengo da conto questa mia umana, cerco di starle sempre vicina vicina, anche se dice che sono pesante e sono bollente e non le do tregua, ma poi si vede che é contenta e mi vuole bene ed é felice che mi occupi di lei.
Ecco, secondo me, é questo che dovreste festeggiare voi umani, altro che compleanno: siete amici, avete mille maniere per parlarvi, non avete difficoltà a comunicare, non é come per noi gatti che abbiamo ancora qualche problema ad allargare il branco, per noi non é mica così facile usare questo benedetto computer! Ci stiamo  attrezzando, ma tutti questi tasti che confusione!
Basta, ho finito, quello che avevo da dire l'ho detto. No, anzi, un'altra cosa da dire l'avrei: la mia umana, tanto per cambiare, sta facendo un sacco di storie per questo benedetto blog, dice che non é sicura di avere qualcos'altro da raccontare, che non sa se é capace di andare avanti. State tranquilli, ci penso io, come al solito: adesso le dico di smetterla subito, di piantarla di fare tragedie su tutto, qui c'è da lavorare, non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere inutili, non mi può far fare una brutta figura, ci sono degli umani che aspettano, non li possiamo deludere.
 Troppo facile mollare alla prima difficoltà: vuoi avere qualche cosa da festeggiare l'anno prossimo? E allora datti da fare, che a nascere e basta son buoni tutti

domenica 19 febbraio 2017

Domenica pomeriggio

Non ho ancora finito di scrivere il blog e sono un'anima in pena. Mi aggiro fra la cucina ed il salotto sperando di trovare un'ispirazione tra le calamite del frigo e i libri sparsi un po' dovunque, compreso il pavimento e ogni superficie disponibile.
Niente. Le ultime frasi proprio non mi vengono.
Sono perfino a corto di parole: mia figlia mi ha prestato un dizionario di sinonimi e contrari, piccoletto, i termini che mi propone li conosco tutti. Me ne serve uno ben più corposo: sono sicura di averlo, ma chissà dove é finito. È curioso scoprire dove si nascondono le cose e i libri in particolare: in teoria  basterebbe ricostriuire l'ultima volta che sono stati usati, in realtà sono assolutamente sicura che si divertano a giocare a nascondino giusto per rendere il ritrovamento più emozionante.
Lo ritrovo in camera di mia figlia e scoppia una discussione all'ultimo sangue sulla rivendicazione di proprietà e sul diritto d'uso: non ho mai capito perché le mie cose tendono a diventare patrimonio comune della famiglia,  mentre le cose dei miei figli sono loro e basta. Mentre invoco un giudice supremo che regolamenti con equità la condivisione degli oggetti, mi devo accontentare di un momentaneo, magnanimo prestito. Per questa volta mi é andata bene: agguanto il dizionario e comincio a sfogliarlo sempre più affascinata.
Subisco da sempre un'attrazione irresistibile verso il linguaggio come forma di comunicazione e la parola scritta in particolare. Ci sono pensieri indistinti, sensazioni particolari, sentimenti confusi che riescono ad esplicarsi solo quando trovano le parole più giuste per materializzarsi attraverso una pagina scritta. Le scrivi o le leggi e capisci subito che era proprio così che le avevi pensate, che erano da sempre nella tua testa, ma non lo sapevi o non ne eri cosciente. Eppure, adesso che le vedi lí, nero su bianco, ti sembra quasi impossibile che non ti fosse da sempre tutto chiarissimo.
Una spinta irresistibile ti spinge a scrivere: per un sacco di tempo hai resistito, hai cercato di fare  finta di niente, sicuramente non ne sei capace, chissà che orrore ti uscirà. Però ne hai voglia, non lo confesseresti neppure sotto tortura, ma vorresti almeno provarci, in fondo un tentativo si può sempre fare, puoi smettere in qualunque momento e nasconderti fino a scomparire nel nulla.
Poi il gioco ti prende la mano: settimana dopo settimana, parola dopo parola, diventa un appuntamento costante, un impegno preso prima di tutto con se stessi, i figli che ti prendono in giro perché sei una mamma proprio buffa, non fai la mamma come tutte le altre, lo sai che i nostri amici ti leggono sempre.  Hai finito? Guarda che stanno aspettando, anch'io sto aspettando,  devo essere io la prima a leggere quello che scrivi, non posso fare una brutta figura.
Il gatto Memé, il  ghostwriter, si é stancato di giocare con il tablet: annoiato chiede di uscire. Qui non si va avanti, non ci sono più letterine da inseguire sullo schermo, vado a cercare una lucertola, che é meglio.
Arriva con calma la gatta Pallo per controllare cosa succede o cosa non succede: tu adesso ti siedi tranquilla e stai ferma e buona e finisci questa cosa. Io ti posso aiutare sdraiandomi sulle tue gambe, così é sicuro che non ti puoi muovere e non continui a girare senza pace: cosa ci vuole, ti metti lì buona buona e in dieci minuti hai finito. Porta pazienza, Memé é ancora giovane, non ha ancora capito che con te ci vogliono le maniere forti. Adesso ci penso io, con te, da qui non mi muovo, vedrai che in quattro e quattr'otto la smetti di fare i capricci e va tutto a posto.
E se poi quello che scrivo non piace a nessuno? Questa settimana é un disastro: sono sicura che nessuno mi leggerà e quei pochi che leggeranno si annoieranno a morte o traviseranno quello che volevo raccontare.
E allora? Da quando in qua ti preoccupi di queste sciocchezze? Smettila di perdere tempo e concentrati: é inutile che ti nascondi dietro la paura di non piacere a nessuno. Tanto a tutti non si può piacere comunque, neppure a me piace sempre quello che fai, eppure non faccio tante storie, ti voglio bene lo stesso anche se non sei una umana proprio perfetta. Mi accontento, cosa vuoi farci, mi dicono che ci sono umani anche peggiori. E poi potresti anche ringraziarmi, qualche volta: guarda che lo so che quando sei a corto di idee parli di me. Con tutta la fatica che faccio non ti chiedo neppure un compenso: dai, sbrigati, così almeno mi allunghi qualche croccantino, che a forza di darti suggerimenti e di farti tutto il lavoro mi é venuta proprio fame

domenica 12 febbraio 2017

Domenica mattina

 La domenica mattina è dedicata al piacere/dramma di scrivere questo blog.
Prima, però, devo sperticarmi in un elogio senza ritegno del mondo tecnologico in cui viviamo.
Già non sono mai stata una di quelle persone che rimpiangeva  i sani e buoni tempi passati in cui tutto aveva il sapore del sudore e dell'olio di gomito: dopo due giorni con poca (pochissima) energia elettrica la mia adorazione per gli elettrodomestici in genere, con punte di autentica venerazione per lavastoviglie, lavatrici, forni e frullatori vari, sta toccando vette difficilmente immaginabili. Ormai diamo talmente per scontato tutte queste meraviglie che ogni piccola cosa ti manda in crisi: dalla più banale, come accendere un fornello non possedendo né accendini né fiammiferi, alla più complicata, una montagna di bucato da lavare e nessuna lavatrice a disposizione. E il tanto odiato ferro da stiro? È incredibile come diventi indispensabile non appena non lo puoi utilizzare: quegli stessi indumenti che ti sembravano perfetti anche con qualche piega e qualche grinza qua e là, improvvisamente ti sembrano immettibili, uguali uguali a degli stracci per pulire i pavimenti.
"Dai, alzati, su. Non senti la radio accesa? È ora di alzarsi: non sei stufa di stare a letto?"
"Pallo, smettila, lasciami in pace. Ho dormito poco e male. Non mi va di alzarmi. È domenica, ho freddo, voglio rimanere qui ancora un po' "
"Macché freddo e freddo: si sta benissimo. Non senti la radio: sei tu che l'hai voluta a tutti i costi. Vuol dire che ti volevi alzare alla solita ora. Anzi, é tardi e io ho fame"
"Pallo, sei una gran rompiscatole, levati subito dal mio stomaco perché pesi una tonnellata. Anzi no, rimani, almeno mi scaldi un po', ma lascia stare i grattini  con le unghie, tanto non mi alzo, ho freddo freddo freddo."
"E io ho fame: l'ora della colazione é passata da un pezzo. E se non mangio im-me-dia-ta-men-te non ho più energia per scaldarti. Se anche tu mangiassi di più non avresti sempre così freddo. Dai, andiamo in cucina: per me doppia dose,perché mi hai fatto aspettare tanto, e per te una tazza enorme di té bollente e cornetto caldo, così la smetti di lamentarti."
Fai presto a parlare, tu: con quella pelliccia foltissima che ti ritrovi non hai certo problemi. Ne riparliamo a luglio, quando verrai ad elemosinare una mattonella fresca. E poi che mi alzo a fare? Il forno non ha corrente e accendere il fornello é una tragedia. Io da qui non mi muovo: ho troppo freddo."
Già, ho freddo, ho veramente freddo, sono congelata. Ma perche? Come mai? Cos'altro é successo? L'impianto di riscaldamento ha una linea elettrica autonoma che funziona perfettamente.
Però, aspetta, ieri sera avevo un po' freddo, ma era solo perché non potevo usare il mio adorato termoforo. La casa era calda, ne sono sicura. Io ho sempre freddo quando sono stanca, non é una novità, e ieri sera ero proprio sfinita.
Ho il naso gelato e la testa raggelata da un sospetto atroce che non oso neppure formulare a parole.
Agguanto lo scialle da nonnina ottuagenaria, mi intabarro come neppure in piena Siberia a gennaio, e constato con raccapriccio che i termosifoni sono morti, defunti, desolatamente sconsolatamente drammaticamente privi di una qualunque parvenza di calore. A questo non posso sopravvivere.
Devo scrivere il blog, sono già in ritardo, le poche idee raccolte durante la settimana sono intrappolate nel blocco di ghiaccio che rattrappisce la mia mano. Sono sicura che sto per morire assiderata nel tentativo estremo di fare il mio dovere.
Mi sento un'eroina, tipo personaggio di un'epopea ottocentesca. Ormai sto delirando, non c'è dubbio.
"Che ci fai conciata a quel modo? A che punto sei con il blog? Lo sai che ore sono? Non lo hai ancora finito? Guarda che i tuoi lettori si stufano ad aspettarti: ogni domenica fai più tardi..."
Eccolo lì, pigiama leggero, piedi scalzi, barba e capelli alla Gesù Cristo redivivo, appena alzato dal letto, il sarcasmo come stile di vita. Mio figlio
"Non hai freddo? Cosa ci fai a piedi nudi? Smettila di mettermi ansia: più me lo chiedi e meno idee mi vengono. Non potresti occuparti del riscaldamento?"
"Vorresti dirmi che se si riscalda la casa finisci di scrivere? Non ci credo, anzi, secondo me,il freddo ti fa bene, e poi dov'è tutto questo freddo. Se la solita esagerata. Hai deciso almeno come va a finire?"
"Come faccio a saperlo? Lo scopro anch'io alla fine, e adesso ho talmente freddo che non riesco a ragionare. Non puoi fare qualcosa?"
Va, preme dei tasti a caso, impone le mani, e il miracolo si compie. La casa torna a riscaldarsi.
"Che cosa hai fatto? Come ci sei riuscito?"
"Non ne ho idea, mi lascio ispirare dai vari pulsanti e lo scopro anch'io solo alla fine."
Figli, e hai detto tutto


domenica 5 febbraio 2017

Sabato pomeriggio

Molti non ci credono, ma anch'io ho una vita privata. Intanto ho una famiglia: un marito, due figli e sei (cinque più uno) gatti. Mio marito ed io siamo in regime di separazione di gatti: Pallo, la signora e padrona della mia vita, non ammette altre gatte femmine nel suo mondo. Filtri (da InFiltrata: un nome, un programma), preso atto della situazione, ma per nulla disposta a dermordere, ha eletto dimora nello studio del mio consorte e presiede al suo lavoro saldamente insediata nella poltrona più comoda, fra borse e faldoni.
I miei figli sono più che adulti e non vivono più con noi da tempo: li rivedo, in genere, il venerdì, irresistibilmentre attratti dal seducente richiamo del bagno di casa. Ci illudiamo che le famiglie si riuniscano in nome del profondo quanto misterioso richiamo del sangue, ma é il bagno di casa, confortevole luminoso pulito profumato, il bagno a cui sono abituati da sempre, ciò che li riporta a casa. Salgono le scale, seminano borse e borsoni ovunque e spariscono, fagocitati dal lusso inaudito di acqua calda a volontà, salviette ampie e morbide, sanitari immacolati e splendenti. In fondo, la felicità si trova sempre nelle piccole cose.
Sabato pomeriggio: é di rigore la spesa settimanale. Cerchiamo di elaborare un piano.
Intanto dobbiamo trovare una soluzione per riparare un taglio nel linoleum del pavimento della farmacia: già al mattino abbiamo avuto due super esperti a confronto, uno che sapeva tutto di colle, vinilica epossidica cianoacrilato mastice, ma completamente privo di esperienza pratica,  e uno che sapeva tutto di pavimenti, ma nessuna nozione teorica con la quale affrontare un problema inusuale. Scontro epocale quanto infruttuoso: non ci resta che andare di persona a cercare qualcosa di adatto al nostro caso.
Ci sono poche idee terrorizzanti  come quella di recarsi in uno  di quei negozi enormi per il bricolage, pieni di ogni ben di Dio, senza un'indicazione precisa e nessuno che sia in grado di aiutarti, con mille persone che come noi si aggirano smarriti fra una parete di cacciavite e una scelta infinita di pinze e martelli, nella vana speranza di un'illuminazione salvifica che si materializzi dal nulla.
Facciamo così: pausa di un'ora con lettura di giornali "di carta" (niente rassegne stampa on line, oggi: é sabato), poi missione colla per pavimenti e, per finire degnamente la giornata,  spedizione al supermercato.
Improvvisamente salta la corrente: sicuramente avevamo la lavatrice in funzione e la lavastoviglie ha superato la soglia dei consumi. Spegni tutto che vado a ripristinare l'elettricità.
A dire il vero, a parte la lavastoviglie non c'è altro di acceso.
Ma no, vedrai che, come al solito, hai lasciato attaccato qualcosa.....
Non c'è niente da fare: il salvavita del quadro elettrico non rimane sollevato. È il panico.
E adesso cosa facciamo?
A mali estremi, estremi rimedi: mi faccio coraggio e telefono al mio elettricista. Mi vergogno, ma non ho scelta: magari é una sciocchezza, deve essere una sciocchezza, non é successo nulla per giustificare un evento del genere, stavamo parlando tranquilli, é successo tutto così, all'improvviso...
È un santo, non ci sono altre definizioni: come si può definire un elettricista che di sabato pomeriggio ti dice che sarà da te dopo venticinque minuti e già dopo venti é davanti alla tua porta?
Passiamo al setaccio tutta la casa, facciamo tutte le prove possibili, accendi questo e spegni quello, stacca tutto e rimetti una cosa alla volta, isola la cappa della cucina e apri tutte le scatole di smistamento dei fili. Niente.
Abbiamo le luci, ma nessuna presa di corrente attiva: come facciamo con il frigorifero? Nella mia camera ce n'è una funzionante; no, aspetta, in fondo al salotto, nascosta dietro al divano,  ce n'è un'altra che dipende dall'interruttore del lampadario. È fatta: con prolunghe e ciabatte rianimiamo il frigorifero e la macchina del caffè. La macchina del caffè? Ma ti sembra il caso? Certo che mi sembra il caso: rinuncio a tutto il resto, ma non alla macchina del caffè. E anche alla radio, ma non lo dico, mi stanno già prendendo in giro abbastanza. Senza radio e caffè non riesco a combinare niente.
Non é che, per caso, hai un tubetto di colla qualsiasi? Proviamo ad usare quella per aggiustare il pavimento: per oggi non siamo proprio in grado di affrontare altre avventure