sabato 23 aprile 2016

Silenzio

Sono in ferie.
Me ne sono andata. Non ho abbandonato proprio la nave che affonda, ma ho lasciato nelle mani di mio figlio una nave in balia di un gran tempesta.
Sinceramente non ne potevo più: qui un muratore, lá un falegname, lí un elettricista, ognuno con un problema, una domanda, un'urgenza. Mentre cerchi di far finta di non sentire, di inventarti una risposta o improvvisare una soluzione, il telefono non la smette di squillare, i clienti hanno richieste sempre più fantasiose, noi stesse cominciamo a dare continui segni di cedimento, siamo nervose irritabili suscettibili stanche.
Soprattutto sono io che sono stanca: non ne posso più di polvere, confusione, rumore, sporcizia.
Ho bisogno di silenzio. Ho bisogno di spegnere tutto il caos che mi circonda, ho bisogno di ordine, di calma, di armonia. Soprattutto, ho bisogno di silenzio.
Ho imparato che dentro di me ci sono già tutte le risposte, tutte le decisioni sono già state prese, ogni cosa è già andata al suo posto. Devo solo dare spazio ai pensieri, lasciare che emergano dalla nebbia indistinta che in questo momento mi avvolge, si manifestino chiari, evidenti, sereni.
Ho bisogno di andare, andare a piedi, intendo. Ho bisogno che la fatica, invadendo le gambe, liberi la testa.
È inutile che tutti mi dicano che se sono così stanca dovrei andare in un posto di lusso, stendermi al sole a non fare più niente: io così non mi riposo. Mi innervosisco ancora di più.
Intanto, il posto di lusso: significa abiti eleganti, trucco curato, pranzi cene aperitivi vari. Mi dispiace, ma non fanno per me. Già lotto tutto l'anno per cercare si sembrare una persona per bene, matura seria, affidabile:  quando sono in vacanza esigo, almeno su questo punto, esigo libertà assoluta. Oggi sembro più sciroccata del solito, i capelli sparati sempre più anarchici, ho scelto una felpa di un improbabile rosa acceso e brillante che mi piace moltissimo, mette allegria e buon umore solo a guardarla. Se la vedesse un mio caro amico, scioccato da un banale e abbastanza sobrio golfino a fiori, mi toglierebbe il saluto da qui all'eternità. Meglio soprassedere.
Stendermi al sole: io? Ferma al sole? Non so che cosa mi sia meno congeniale, se il sole o stare ferma. Il sole non lo sopporto, da fastidio a me, alla mia pelle e ai miei occhi: per me, è l'unica cosa che potrebbe giustificare il ricorso volontario all'uso del burka. Mi piace guardare le giornate assolate   da una finestra, ben protetta da un'ombra che mi protegga completamente.
Quando i miei bambini erano piccoli, come tutte le sane famiglie per bene, passavamo le vacanze al mare. Perché il mare fa bene ai bambini e i bravi genitori ce li portano per almeno quindici giorni ogni anno. Un'agonia.
Stabilii che il minimo sindacale per trascinarli in giro per il mondo fossero i sei anni: appena mia figlia più piccola li compí, ci avventurammo nel mondo. La rivedo, piccolina, uno zainetto colorato in spalle, sembrava la figlia misconosciuta di Livingstone, pronta a partire alla scoperta del lago Vittoria, determinata, curiosa, brontolona. Per anni ha minacciato di chiamare il Telefono Azzurro per denunciare una mamma così poco comune, faticosa, impegnativa. Si è sempre divertita come una matta. Continua a divertirsi  anche adesso: non ha perso l'abitudine di protestare, ma lo fa con gli occhi che ridono, per non cedere subito, per far finta di essere trascinata contro la sua volontà ed essere vittima della violenza di una madre crudele.
Ho bisogno di andare, dicevo, in silenzio, per ritrovare dentro di me la strada che sono sicura di avere, sepolta dalle chiacchiere inutili, dalle opinioni dei vari tuttologi, dalle certezze di altri, dai dubbi di tutti. So di avere uno strano istinto che mi guida, non so da dove proviene, so solo che se lascio la mente fluire, i tre assi cartesiani che ho al posto dell'anima faranno ancora una volta il loro dovere.
Dovevo partire, dovevo cercare il tempo e lo spazio per dare a me stessa il modo di essere, di esprimermi, di trovarmi,  in questo concerto di ansie, di paure, di crisi, di vaghe speranze.
Il mio mondo sopravviverà senza di me? Sicuramente, anzi starà anche meglio.
Ed io ce la farò senza di lui? Non lo so, ma intendo scoprirlo.



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