sabato 18 giugno 2016

Domande

Abbiamo un mese e mezzo di ritardo nell'allestimento dei nuovi laboratori.
Dire che sono esasperata è un gentile eufemismo.
Lavoriamo ancora in mezzo al caos più sovrano  con spazi che si restringono ogni giorno di più e la beffa di vederne continuamente di ampi e comodi senza poterli utilizzare. Una tortura.
Nel progettarli abbiamo riflettuto e discusso a lungo sull'applicazione reale delle norme di sicurezza e questo ci ha indotto  a modificare e rivedere tante abitudini che non solo avevamo radicate, ma ritenevamo corrette e ragionevoli.
Come sempre si è rivelata l'esperienza più utile e feconda: guardare attentamente molto di quello che si da per scontato, analizzarlo e valutarlo consente di vedere tutto sotto una luce diversa.
Si scoprono un sacco di cose molto interessanti e poi, siccome da cosa nasce cosa, e siccome, certe volte, a pensare ci si prende anche gusto, abbiamo allargato l'oggetto della discussione.
Abbiamo cominciato a ragionare su di noi: chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando. Le solite domande esistenziali, insomma, quelle inutili, retoriche, banali domande che l'uomo si pone dalla notte dei tempi e alle quali non esiste una vera risposta.
A questo punto, probabilmente, molti si chiederanno quanto tempo abbiamo da perdere se passiamo le giornate ad arrovellarci su questioni di lana caprina. Me lo chiedo anch'io. Spesso.
Anzi, spesso mi domando perché io mi complico così tanto la vita (e la complico agli altri) spaccando capelli in mille parti, ponendo domande a destra e a manca, inquisendo, insistendo, tormentando chi mi capita a tiro su argomenti che, alla fine, non interessano veramente a nessuno.
Perché a me interessano. Perché non sono capace di darmi pace, farmi gli affari miei, prendere le cose come vengono. Ho un'insopprimibile vocazione alle minoranze e alle cause perse in partenza, alla battaglie inutili e alle guerre ideologiche.
Pazienza, nessuno è perfetto.
Per esempio, ci siamo chiesti: dove sta andando la farmacia italiana? Da nessuna parte, per definizione.
La vera domanda è: dove stanno andando i farmacisti? Chi sono, oggi? Che cosa vogliono o vorrebbero essere? Che cosa vogliamo diventare noi, qui, ora?
La farmacia è sempre la solita offerta di farmaci, prodotti, oggetti, servizi degli ultimi vent'anni: cambiano i colori, i prezzi, gli espositori, i marchi, ma è sempre rigorosamente la stessa.
E i farmacisti? Noi a che punto siamo? I miei collaboratori ed io siamo cambiati?
Quesito angosciante: ci è chiaro che dobbiamo cambiare? Perché credo che questo sia veramente il punto. Sentiamo la necessità, l'urgenza di cambiare noi stessi? O ci ostiniamo a pretendere  che cambi ciò che è inanimato nella speranza che ciò che è vitale rimanga sempre lo stesso?
Non possiamo sempre trincerarci dietro il sistema: l'università non prepara, il contratto non è stato rinnovato, i collaboratori costano troppo. Che senso ha investire in un servizio e non su coloro che tale servizio dovranno promuoverlo e gestirlo? Acquistare tutte le migliori novità e non dedicare un'ora del proprio tempo a conoscerli bene questi benedetti prodotti, a capire che cosa hanno di così speciale e perché dovrei consigliarli? A chiederci, seriamente, che cosa ci sto a fare qui, qual'è il mio compito, a che cosa servo?
Possibile che ancora non sia chiaro che la formula per la farmacia del futuro è di una semplicità e banalità sconcertante? Un progetto, un responsabile e una squadra.
Un progetto: non esiste una sola farmacia, ne esistono mille. Tutte valide, interessanti, potenzialmente vincenti. Se ruotano attorno ad un'idea, se si ispirano ad un modello, se hanno un obiettivo ben definito.
Un responsabile: nulla si persegue senza qualcuno che organizzi, coordini, supervisioni. Non basta dare ordini o indicazioni: si deve motivare, formare, affiancare, correggere. Spingere all'autonomia, ma essere sempre pronti ad intervenire per prendere una decisione, superare un intoppo, dribblare un ostacolo.
Una squadra: a dei collaboratori oggi si deve chiedere molto di più che non fare poche assenze o arrivare in orario. Abbiamo bisogno di persone competenti, motivate che apportino al lavoro un contributo molto più personale e fattivo. Ci servono dei professionisti.
Siamo tutti pronti per questo: non lo so. Per il momento, ho solo domande. Tante, troppe.
Le domande sono la mia specialità.

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