domenica 7 febbraio 2016

Il futuro è adesso

Sto attraversando un momento difficile. Non brutto o triste, ma veramente pesante.
Intanto sono tredici mesi che, per un motivo o per un altro, ho i muratori in casa. E non è ancora finita. Ritorno alla sera e non ho una sola stanza in ordine: per me è una delle cose più destabilizzanti che esistano. Oltre al fatto che, durante la giornata, mi chiamano cento volte e sempre per raccontarmi nuovi guai che sono saltati fuori, nuovi problemi inaspettati da risolvere, mille decisioni angoscianti da prendere. I rubinetti centrali dell'acqua li voglio in bagno o in cantina? A che distanza dalle finestre voglio i nuovi tubi del gas? E dove vuole che passino i cavi elettrici? Si sono rotte due mattonelle, un faretto, rigato il parquet, lo cambiamo il battiscopa? Come se io sapessi rispondere o avessi una più pallida idea di che cosa voglio o di cosa sia meglio.
Abito in una casa vecchia, che aveva urgente bisogno di lavori di ristrutturazione straordinaria per raggiunti limiti di età, ma adesso sono io che ho bisogno di un' imponente opera di restauro perché comincio a non farcela più.
E il meglio deve ancora iniziare: tutto quello che è stato fatto aveva lo scopo di mettere in sicurezza l'edificio in vista dell'allestimento dei nuovi laboratori galenici della farmacia. 
Lavoro che inizierà fra una settimana: ho già perso il sonno, la fame e divento ogni giorno più isterica. 
La farmacia è il mio regno, il posto in cui passo la maggior parte delle mie ore, il mio rifugio, quello che ho costruito in tutta una vita; ciò che, forse, mi rappresenta di più. L'ho fatta crescere come volevo, sicuramente è tutt'altro che perfetta, ma è quanto di meglio ho saputo fare. 
Questi laboratori sono la realizzazione di un sogno, una sfida, una scommessa sul futuro: li abbiamo progettati con i criteri più innovativi, con un'attenzione maniacale alle norme di sicurezza e igiene, chiedendo che tutto non seguisse modelli prestabiliti, ma rispondesse alle nostre  personali esigenze di operatori. 
Ho investito moltissimo denaro, impegno, fatica, lavoro, ansia, speranze, incertezze, determinazione. Ho coinvolto un sacco di persone, ho lottato per convincerle, ho cercato di dare una risposta ai loro dubbi e ai miei: ogni tanto qualcuno, con più o meno garbo, mi chiede chi me lo fa fare, dove voglio arrivare, se sono proprio sicura che tutto questo abbia un senso.
E mentre discuto con muratori, idraulici, elettricisti, mi infervoro a spiegare perché voglio quel tipo di illuminazione o come devono essere le pareti divisorie, non posso non pensare a mio padre: mi avrebbe considerato una pazza e avrebbe fatto di tutto per dissuadermi. Anzi, non escludo che dovunque lui sia adesso, mi starà guardando e si starà disperando: ha sempre cercato di proteggermi prima di tutto da me stessa e  dalle mie troppe idee. Per fortuna, ho qui suo nipote: amatissimo, identico a lui in tutto e per tutto, professione compresa, convinzioni e argomentazioni non ne parliamo. Mi piacerebbe poter dire che faccio tutto questo  per lui, ma non sarebbe vero: lo faccio soprattutto per me, per dare un senso al futuro, per costruire un domani diverso e migliore.
La cosa più bella? Gli operai e le maestranze che fanno il tifo per noi, si sentono partecipi di un grande progetto: mi mostrano orgogliosi ogni cosa, mi chiedono se mi va bene, se era proprio così che lo volevo, se hanno lavorato come desideravo, sarà tutto perfetto, vedrà come ci invidieranno, quando avremo finito potrò portare mia moglie a vedere?
  E i miei figli, che dopo aver scelto professioni completamente diverse, cambiano idea e chiedono di fare questo lavoro o, perlomeno, di collaborare in campi di loro competenza.
Lo feci anch'io, molti anni fa: essere farmacista è stata una scelta della maturità, dopo studi ed esperienze in un campo completamente diverso, una scelta sofferta e ponderata che, se potessi tornare indietro, rifarei in tutto e per tutto, nonostante le difficoltà, la fatica,  i periodi bui, il disordine e i calcinacci.

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